RIPRENDIAMOCI LA TERRA!
Prima che sia venduta. Migliaia d’ettari di terreni demaniali ogni giorno vengono ricoperti di cemento, trasformati in strade, svincoli, bretelle, capannoni, supermercati, condomini, villette a schiera. Sotto i nostri occhi vediamo i luoghi che abitiamo o vorremmo vivere trasformati e resi irriconoscibili da un’urbanizzazione senza limiti; sotto le ruspe finiscono sponde di fiumi, boschi, terreni agricoli. Il Demanio, o quel poco che è rimasto di quell’enorme patrimonio che da sempre appartiene a tutti, da decenni subisce l’erosione di chi se ne impossessa per trasformarlo in proprietà privata. Migliaia d’ettari di terreni che diventano in poco tempo un uso esclusivo o proprietà di qualcuno e sottratti ad un uso collettivo. Ora questo processo sta subendo una forte accelerazione. Le leggi appena varate dal nuovo Governo prevedono un’annuale privatizzazione del patrimonio demaniale. Lo Stato sta vendendo qualcosa che appartiene a ciascuno di noi, che potrebbe essere usato da tutti e di cui nessuno è proprietario. I beni del demanio sono pubblici perché sono senza proprietari e nessuno, tanto meno lo Stato può appropriarsene per venderli.
Quello che rimane del territorio, che non sia legato in qualche modo alla merce e non porti profitto è in via di cancellazione totale e con esso la possibilità di creare spazi e luoghi usabili da tutti per l’oggi e per il futuro. Qualunque motivo venga messo in campo per vendere il Demanio non è sufficiente per giustificarne il furto alla collettività. Se “la proprietà è un furto” questa è una situazione in cui questa verità si manifesta nel modo più lampante e brutale.
Bisogna impedire che le terre demaniali vengano vendute, e che non solo rimangano della collettività, ma che si incominci a pensarle e praticarle come territori dove si possano insediare attività gestite dalle persone, collettivamente, fuori e lontano dalla speculazione e dal mercato.
Occuparsi di queste terre per impedirne la vendita significa preservarne le caratteristiche di bene comune, riappropriarsene, trasformarli in campi, orti, giardini e parchi autogestiti apre la strada ad un modo differente di considerare il rapporto tra tutti e il territorio in cui viviamo.
Su queste terre è possibile costruire un pezzo di quel futuro che ha alla base una produzione locale, diretta, biologica del cibo, dove il controllo di questo bene primario non sia in mano all’industria agroalimentare, dove si instaurano nuovi rapporti tra le persone, si pratica la libertà di agire lontani dal mercato. Se si vende il demanio è per sempre.
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